venerdì 29 maggio 2009

La botta forte

Il 6 aprile 2009 nei pressi de L'Aquila, in Abruzzo, si è verificato un terremoto piuttosto forte.
Alle quattro del mattino io e mia moglie abbiamo ricevuto una telefonata dei suoceri, aquilani, che ci avvisavano di "non preoccuparci", che "stavano tutti bene", che c'era stata una scossa forte ma i danni per fortuna non erano ingenti.

Uno riceve una telefonata alle quattro di notte, si sente dire "non preoccuparti" e, ovviamente, comincia immediatamente a preoccuparsi. E fa bene!

Ma facciamo un passo indietro.

L'Aquila è una (ridente?) città d'Italia. E' città d'arte, è città universitaria, è sede di una importante scuola della Guardia di Finanza ed è anche capoluogo di regione, l'Abruzzo. Quell'Abruzzo che, quando ero bambino, ancora chiamavamo a scuola "Abruzzi e Molise" nonostante avessero già separato le due regioni da tempo.
Come l'Abruzzo era regione misconosciuta ai più, così L'Aquila era città poco nota. Io l'ho conosciuta da ragazzo perché con i miei genitori trascorremmo un mese di vacanza sulle montagne abruzzesi. Fu allora che vidi di persona la famosa fontana delle 99 cannelle che veniva sempre mostrata tutte le volte che si parlava de L'Aquila su qualsiasi testo, scolastico o meno. Quindi io, fin da ragazzo, sapevo più o meno esattamente dove si trovasse L'Aquila. Il resto dei miei amici e conoscenti no. Per loro L'Aquila era un concetto astratto, una città (probabilmente) che si trovava in un qualche posto indefinito nell'area delimitata da Lazio, Marche, Campania e Puglia. L'Abruzzo come regione di solito non veniva rammentato. L'Aquila veniva spesso identificata come una città "vicino Roma" o "vicino Napoli". La parlata aquilana (che poi, col tempo, ho imparato a conoscere) veniva regolarmente scambiata per romanesco o, più frequentemente, napoletano.

A L'Aquila io ho trovato moglie. O meglio, prima l'ho trovata (altrove) e poi ho scoperto che era de L'Aquila. Dalle nostre prime frequentazioni ho cominciato a conoscere sempre meglio la città ed i suoi dintorni, i suoi abitanti dal carattere così particolare, i sapori, le tradizioni, le inquietudini delle nuove generazioni. E nonostante tutto la mia conoscenza de L'Aquila era ancora molto iniziale.
Dopo qualche anno ci siamo sposati ed io ho così aquisito una nuova famiglia abruzzese, enorme per i miei standard e neanche tanto numerosa per i loro. Matrimonio in Abruzzo. Per me aveva le dimensioni di una convention internazionale, mentre per loro era forse anche un po' dimesso.

Poi è arrivato il terremoto.

Adesso tutti hanno sentito parlare de L'Aquila. Non so quanti abbiano realmente appreso dove si trovi, ma almeno non senti più rispondere "eh?" quando dici che tua moglie è de L'Aquila. Adesso ti rispondono "davvero?" e sgranano gli occhi. L'Aquila ora esiste nell'immaginario collettivo, anche se esiste molto meno di prima nella concretezza dei fatti.

Per qualche settimana, dopo la "botta forte" del sisma, a L'Aquila c'è stata una vera e propria processione di politici, religiosi, artisti. Le televisioni hanno fatto speciali e inchieste.
Poi il clamore si è attenuato.
Dopo un mese esatto dal terremoto, solo Bruno Vespa insisteva a portare i suoi ospiti su questo doloroso argomento per cercare di scucir loro qualche soldo in più per la ricostruzione.
Adesso se uno vuol sapere qualcosa del terremoto, l'unica fonte di informazioni è la rete. Le televisioni ed i giornali sono troppo intenti a parlare delle amichette del premier e delle prossime elezioni.

Be', cari i miei (quattro) lettori, lo scoop è questo:
IL TERREMOTO NON E' ANCORA FINITO!
Anche se non se ne parla più, la situazione è tutt'altro che risolta!

C'è una città intera, più un gran numero di paeselli circostanti, completamente sfollata.
Anche chi ha la casa ancora agibile non può rientrarci, in parte perché le ordinanze escono un po' per volta e riguardano solo un certo numero di immobili ciascuna (ancora molto pochi rispetto al numero totale), in parte perché continuano le scosse e la gente ha una fifa blu! Ha paura di rientrare in casa e di vedersela crollare addosso perché lo sciame sismico non si è ancora fermato ed in molti si aspettano che lo faccia solo dopo aver dato un'altra "botta forte", come pare sia già successo in passato (se siete curiosi, fate un salto sulla Wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Aquila e leggetevi il paragrafo "I terremoti nella storia dell'Aquila").

Ci sono sessantamila persone ospitate nei campi tenda e nelle strutture alberghiere della costa adriatica. Alcuni hanno cercato sistemazioni alternative, affittandosi una casa altrove o andando in altre città, ospiti di amici e parenti. Tutto il centro storico de L'Aquila è "zona rossa": si entra solo scortati dalle forze dell'ordine o dai Vigili del Fuoco. Tutte le attività commerciali, gli uffici, le scuole, tutto ciò che stava dentro il centro cittadino adesso non c'è. Nella migliore delle ipotesi resta "sospeso" in attesa che il centro venga messo in sicurezza e che si possa entrarci di nuovo liberamente, ma è ovvio che per i negozi e per la ristorazione questa è una mazzata letale.
In questo momento mancano gli stabili, che sono lesionati, mancano i lavoratori, che sono sfollati, e mancano anche i clienti, che sono sfollati anch'essi. L'Aquila è una città svuotata. Tipo le "ghost town" dei film western, ma molto più bella e ricca e tristemente desolata.

Per assorbire il colpo, rimettersi in piedi e ricominciare a vivere normalmente a L'Aquila serviranno molti anni. Per ora non abbiamo neanche iniziato. Per ora si è pensato a dare una sistemazione di sopravvivenza per tutti, e non è poco, anzi, è moltissimo per chi si è ritrovato dalla sera alla mattina senza casa, senza lavoro, a volte anche senza alcune persone care. Però non è NIENTE, ripeto, NIENTE per ripartire.

Il governo ha preparato un decreto. Qualcuno l'ha soprannominato il decreto "abracadabra". Io ho provato a leggerlo e sono rimasto molto, molto, perplesso. Questo decreto ora sta passando l'iter parlamentare per la sua approvazione. Nel corso di questo iter sono stati presentati degli emendamenti. Per tenere il filo ci vorrebbe un parlamentare bravo, onesto, diligente e pratico di leggi. Praticamente una chimera.
Da L'Aquila è stata lanciata una iniziativa. Si chiama "Cento %". E' una petizione rivolta al parlamento per chiedere, nell'occasione della discussione di questo decreto, che venga garantita una ricostruzione totale, in piena trasparenza e con la piena partecipazione della popolazione locale.

Se volete, potete aderire anche online a questo indirizzo: http://www.100x100aq.org/
A breve incollerò il modulo per la sottoscrizione anche in questo blog.
Potete farlo anche voi, se pensate che ne valga la pena.

E' solo un gesto, tanto per cominciare. Poi sarà necessario fare molto di più.

In chiusura: domani, 30 maggio, ci sarà una manifestazione a L'Aquila per chiedere che venga riaperto il centro cittadino.
Il G8 è alle porte, le forze dell'ordine sono sotto pressione già da tempo, la gente sfollata vive ormai da due mesi in condizioni al limite.
Io spero con tutto il cuore che questa manifestazione riesca, che sia un percorso sereno di rivendicazione e di affermazione, e che non debba entrare nelle cronache per motivi ben più tristi. Sono molto in apprensione per questo. Speriamo che non succeda niente di brutto.