giovedì 13 novembre 2008

Parolacce svedesi e parabole romane

Mjolnir: il martello del dio Thor
Stamani, sull’autobus, sono venuto a conoscenza del fatto che esiste un Ufficio del Difensore Civico presso la Regione Toscana. Non ne avevo mai sentito parlare prima.

Sulla pubblicità (sì, l’ho scoperto perché ne parlava una locandina pubblicitaria) c’è scritto: “Il Difensore Civico della Toscana può aiutarti a difendere gratuitamente i tuoi diritti nei confronti della Regione, dei Comuni, delle ASL, degli altri Enti Pubblici e dei Gestori di Pubblici Servizi. Non può intervenire in questioni tra te ed un altro cittadino, può agire solo quando la questione riguarda te e gli Uffici Pubblici.”

Curiosamente, la mia prima reazione non è stata: “Che bello! Un patrocinio gratuito per le beghe con gli uffici pubblici!”. No, al contrario, è stata: “Ma che paraculata! Uno che dovrebbe difenderti dalla pubblica amministrazione ed il cui stipendio è pagato proprio dalla pubblica amministrazione!”
In alcuni casi questa cosa si chiama “conflitto di interessi”...

Sono andato sul sito internet del difensore civico ed ho visto che questo incarico è solitamente rivestito da personaggi importanti: professori universitari, politici, un ex sindaco. Ho visto anche che questi signori di solito finiscono per avere a che fare con l’EOI, l’Istituto Europeo dell’Ombudsman. La mia scimmiesca curiosità mi ha portato a chiedermi “che cacchio è un ombudsman?” e ovviamente mi sono anche dato una risposta (cercando sempre su internet): “ombudsman” è una locuzione svedese che viene usata correntemente per definire i difensori civici e che significa letteralmente “uomo che funge da tramite”... un mediatore... o un mezzano?

Come per incanto mi è tornato alla memoria un concetto dimenticato fin dai tempi delle scuole: il tribuno della plebe. Ho dovuto fare qualche ricerchina per rinfrescarmi le idee ed è saltato fuori Menenio Agrippa.

Menenio Agrippa forse non è mai esistito ed è un personaggio immaginario, una metafora, una leggenda inventata da Tito Livio... o forse è esistito davvero come ci è stato raccontato... ma sta di fatto che incarna proprio la figura dell’ombudsman come l’ho immaginata io.
Menenio Agrippa, secondo Tito Livio, riuscì a fare un figurone durante una rivolta dei plebei romani.
Prima andò dai senatori (i politici) a dire che ci avrebbe pensato lui, poi andò a parlare coi rivoltosi (la cittadinanza) e li condusse a più miti consigli raccontandogli una bella favoletta sul fatto che loro, senza i patrizi contro cui si stavano ribellando, non sarebbero andati da nessuna parte. I plebei, che in quanto poveri ed ignoranti erano anche dei coglionazzi, si sarebbero bevuti la favoletta e sarebbero tornati di corsa al lavoro, salvo il fatto di aver conseguito una piccola vittoria: l’istituzione dei tribuni della plebe.
E chi erano i tribuni della plebe? Degli ombudsman ufficializzati. Difendevano i plebei dai patrizi ed erano intoccabili (nel senso di “non perseguibili”).


Leggendo tutto questo discorso non vi è venuto in mente il sindacato?

Il sindacato dovrebbe essere un organismo dei lavoratori che nasce per coordinare l’azione e difendere i diritti dei lavoratori nei confronti del padrone. Ma cosa è successo da che mondo è mondo e da che esistono i sindacati? Che il sindacalista, a forza di frequentare il padrone, comincia a pensare come lui, ad ottenere dei privilegi, a simpatizzare per l’altra parte o, se volete, a diventare “consapevole” delle “difficoltà” del gestire un’azienda e comincia a volerlo fare lui, a dire al padrone come migliorare la produttività, anche se a scapito di qualche lavoratore che perde il posto (ma sempre meno di quelli che sarebbero stati licenziati se il padrone avesse avuto mano libera!!!).
Insomma, il sindacalista, come un parassita, si inserisce nell’organismo simbiotico lavoratore-padrone (un po’ come erano simbiotici plebei e patrizi secondo Agrippa), del quale comunque non fa parte (perché non lavora e non è padrone di niente) e dal quale succhia linfa vitale che lo rende sempre più potente e grasso. L’unico compito che deve assolvere per gonfiarsi il ventre è di fungere da mediatore (ops!) fra queste due entità, ovviamente a titolo monopolistico. Guai se i lavoratori si rappresentassero da soli (tipo sindacati di base, avete presente? Quelle cose strane dove i rappresentanti sindacali sono anche lavoratori e sottoposti al controllo dei loro colleghi affiliati che li hanno eletti) o se il padrone prendesse accordi direttamente con loro.


Ma prendiamoci un istante per assaporare una gustosa metafora...

Si dice che un martello sia solo un utensile: a seconda di chi lo usa e di come lo usa, può fare il bene o il male, può costruire una casa (metafora un po’ all’americana, visto che loro hanno tutte case di legno costruite dai carpentieri) o spaccare una testa.

un martello è un martello è un martello...
L’ombudsman è come il martello: può rappresentare giustamente gli interessi del cittadino / lavoratore / consumatore, oppure può fungere da cuscinetto ammortizzatore per quei poteri (stato / azienda) che ne hanno bisogno per mantenere il controllo della situazione.

Se un difensore civico è un politico stipendiato dalla Regione, di chi farà gli interessi? Dei cittadini? O degli apparati?
Se un sindacalista è una persona che non lavora più da 20 anni, che vive di rendita facendo il mediatore, di chi farà gli interessi? Dei lavoratori? Della classe dirigente? O semplicemente di se stesso e della propria categoria?
Menenio Agrippa era un plebeo? E faceva gli interessi dei plebei? Pare che sia stato console, cioè una cosa tipo “capo del governo” (i consoli erano due e comandavano su tutto). Aveva in mano tutta Roma... è possibile che fosse un poveraccio e che parteggiasse per i poveracci?
I tribuni della plebe dovevano essere plebei di nascita, ma c’era la fila di patrizi vogliosi di ricoprire quella carica (che aveva un certo potere, per esempio potevano condannare a morte chi interferiva con lo “svolgimento” delle loro “mansioni”, scusate se è poco!) disposti a farsi adottare dalla serva pur di farsi nominare tribuni. E lo facevano! E poi dicevano di difendere la plebe mentre difendevano i propri interessi e quelli della loro casta...


Ed ora un breve excursus fuori tema (ma non troppo)...

Qualche anno fa ho sostenuto un esame universitario di Economia ed Organizzazione Aziendale. Nelle slide del professore si sosteneva con disarmante lucidità una insanabile dicotomia.
Il padrone d’azienda “vecchio stile” è quello più interessato a far funzionare l’azienda, perché gode direttamente degli utili, ma non può farla crescere oltre un tot perché non dispone di mezzi sufficienti e non ha una preparazione manageriale adeguata. Tale crescita invece può essere realizzata da una Società per Azioni che raccoglie molti più soldi di quanti possa averne l’imprenditore ed è gestita da manager professionisti molto più competenti di gestione aziendale dell’imprenditore stesso. Però, questi manager, finiscono solo per interessarsi dei loro bonus e dei privilegi del loro incarico, finendo per diventare a loro volta un ostacolo al buon funzionamento dell’azienda.
Non fatichiamo a crederlo, guardando quanti Amministratori Delegati in Italia fanno il giro da un’azienda all’altra prendendo gratifiche allucinanti che da sole potrebbero ripianare i buchi (sempre più ampi) delle aziende da loro amministrate.


Per concludere, qual è la morale della favola?
In un mondo perfetto c’è dignità, ci sono valori, ci sono ideali, c’è correttezza, c’è collaborazione. In un mondo perfetto il martello serve solo a costruire case.
In un mondo imperfetto il martello rompe anche qualche testa, il difensore civico fa qualche favore all’amministrazione pubblica a scapito del cittadino, l’ombudsman si piglia qualche regalino sottobanco dalle aziende, il sindacalista tiene buoni i lavoratori mentre patteggia i suoi interessi col padrone, i manager fanno colare a picco le aziende beccandosi premi favolosi...


...ed i cittadini / lavoratori / consumatori lo prendono nel baogigi!

Almeno finché non decidono davvero di organizzarsi per conto loro...

martedì 11 novembre 2008

Esprit de finesse

I figli di puttana e troia sono pregati di non lasciare bottigliette lattine ecc..
Questa garbata avvertenza fa bella mostra di sé nei pressi di uno dei cantieri della Tramvia di Firenze, per l’esattezza sul perimetro di un’area di deposito materiali all’interno della stazione ferroviaria di Santa Maria Novella.

La frase recita: “I figli di puttana e troia sono pregati di non lasciare bottigliette lattine ecc..”

Leggendola m’è sorto un dubbio semantico: lo status di “figli di puttana e troia” dipende dal fatto di lasciare rifiuti in quella zona o no? Da una semplice analisi logica del testo sembrerebbe di no. Suonerebbe un po’ così: “Coloro che effettivamente sono figli delle suddette signore sono pregati di non lasciare rifiuti”.
Però non ha molto senso. E’ evidente ad una semplice analisi umorale del periodo che l’epiteto si rivolge a coloro che GIA’ hanno lasciato rifiuti. Parafrasando il testo: “Quelli che lasciano rifiuti qui sono dei figli delle solite signore, fate quindi in modo di smetterla, per cortesia”.

A questo punto però sorge un curioso circolo vizioso di sillogismi, in cui i due significati della frase si rincorrono a vicenda senza fine:
- se lasciate dei rifiuti qua, siete dei figli di quelle signore là
- se siete figli di quelle signore là, non dovete lasciare rifiuti qua
- se non lasciate rifiuti qua, non siete figli di quelle signore là
- ma se non siete figli di quelle signore, allora potete lasciare rifiuti, divenendo però così figli delle medesime e perdendo quindi il diritto a farlo


La logica non va a braccetto con la foga…

lunedì 3 novembre 2008

Autovelox e Duralex

bicchieri Duralex
Gli italiani sono veramente eccezionali.
Si fa una legge, si comincia ad applicarla e subito, come per magia, si scopre che non va bene.
Anche sulle cose semplici, quelle che sembrano di buon senso a tutti… ma a patto che non ci tocchino di persona, sennò non va più bene.

Le corsie preferenziali, per esempio.
Per aiutare il trasporto pubblico, per evitargli gli intoppi del traffico, si stabilisce che siano create delle corsie dove possono transitare soltanto autobus, taxi e ambulanze. Sembra una cosa intelligente, condivisibile, apprezzabile.
Eppure, appena ne metti una, vedi che gli automobilisti ci vogliono passare lo stesso, anche se non ne hanno diritto. Cominciano a transitare allegramente nella corsia riservata e magari qualcuno si lamenta pure di questo malcostume (qualcuno che non passa mai in auto da quelle parti!). Allora la Polizia Municipale manda un paio di ausiliari a fare qualche multa, così, a mo’ di deterrente.
Ed è lì che si scatena il delirio!
Partono le multe e gli automobilisti non le accettano. Si arrabbiano con gli ausiliari. Sostengono che non erano “abbastanza visibili” e se il poliziotto di turno non è “abbastanza visibile” allora le multe che fa non sono valide…

Ecco, è qui che volevo arrivare.
L’Italia è un paese dove la legge si applica solo fino a prova contraria. Nel caso specifico, non conta che un automobilista abbia commesso un’infrazione e che sia stato conseguentemente sanzionato. No. Ci si inventa l’incredibile per evitare la multa. E la cosa più allucinante è che il concetto passa! Va a finire in televisione, con rappresentanti dei comitati di automobilisti inferociti che dicono “non è che contestiamo il fatto di aver commesso l’infrazione: è il modo in cui è stata fatta la multa che non ci sta bene”.

E perché non ti sta bene? In base a quale principio? Rispetti la legge solo se non ti controlla nessuno? Allora quando non sei controllato, ti senti autorizzato a rubare, ad evadere le tasse, ad ammazzare qualcuno?!?!?

Si sostiene che gli autovelox siano legittimi solo se la posizione è stata precedentemente segnalata sul sito del ministero e se c’è una pletora di cartelli che avvisano della posizione del dispositivo.
Ma che senso ha? “Questa strada è sottoposto a controllo elettronico della velocità”… sul resto delle strade potete fare il cazzo che vi pare… non lo so: è un modo di far rispettare la legge questo?

Ecco, io vorrei, all’esatto opposto di quanto sostenuto da questi signori, che la sorveglianza del traffico fosse assolutamente invisibile. Che le multe arrivassero ai contravventori senza alcuna altra giustificazione che non il fatto che hanno commesso un’infrazione. Hai superato i limiti? Multa. Ti sei imbucato in una corsia preferenziale? Multa. Senza vigili ben visibili. Senza giacchettini fluorescenti degli ausiliari. Senza cartelli all’inizio della strada che preavvisano “guardate che vi controlliamo”.
Se la legge è giusta, va rispettata sempre e comunque.
Se non è giusta, ci si batte per farla togliere.
Volete il limite di velocità a 300 km/h? Volete che gli autobus e le ambulanze si incolonnino nel traffico come tutti gli altri? Bene, fate una raccolta di firme, stuzzicate i vostri politici, fatevi sentire, ma DITELO! Ditelo chiaramente, invece di nascondervi dietro a delle scuse ridicole.

Sennò fate come quel tizio che dice “se mi processano è perché ce l’hanno con me, e se cade tutto in prescrizione allora sono innocente”… ma forse quella persona sta dove sta proprio grazie a voi!